Didattica innovativa delle STEM in sinergia con la divulgazione scientifica

Come integrare la divulgazione scientifica nella didattica innovativa delle STEM

Come trasferire le migliori novità della divulgazione scientifica all’interno della didattica innovativa delle STEM? Come insegnare la scienza come processo – fatto di tentativi, fallimenti e grandi successi – e non solo attraverso i suoi risultati? Come mettere al centro le persone – e non solo gli scienziati – le collaborazioni e i diversi contributi, all’interno di un sistema complesso come quello scientifico? Ne ho parlato in un webinar organizzato da JoVE al quale hanno partecipato oltre 200 docenti, soprattutto universitari, con l’obiettivo di proporre una didattica e un apprendimento della scienza più moderni, anche grazie agli strumenti e ai metodi della divulgazione scientifica.

 

Che cosa si intende per didattica innovativa?

Spesso sentiamo parlare di didattica innovativa, soprattutto quando dobbiamo rivolgerci ai ragazzi e alle ragazze della Generazione Z che oggi siedono nelle aule di scuola e università, con la parola “innovativa” che è diventata particolarmente cool e ormai la si usa un po’ ovunque. Ma cosa si intende esattamente per didattica innovativa? E soprattutto, ne abbiamo davvero bisogno?

Il significato di didattica innovativa riguarda l’utilizzo di metodi, strumenti e nuove metodologie didattiche alternativi alla didattica tradizionale, che di solito è considerata quella delle classiche lezioni frontali con il solo supporto di lavagna e gesso. La didattica innovativa digitale abbraccia invece l’utilizzo di nuovi dispositivi e tecnologie digitali, oltre che nuovi approcci e metodologie per l’insegnamento. Tra gli approcci didattici più innovativi possiamo citare, senza pretendere di essere esaustivi:

  • le Piattaforme di Collaborazione online come Google Classroom o Microsoft Teams;
  • il gioco e la Gamification, che utilizzano le dinamiche di obiettivi, ricompense e problem solving tipiche dei Serious Game per la risoluzione di problemi all’interno di percorsi didattici;
  • la Realtà Virtuale e Aumentata, che permette di creare esperienze immersive che possono rendere l’apprendimento più coinvolgente e concreto, ad esempio attraverso le visiti virtuali a laboratori di ricerca e musei;
  • la Maker Education, un approccio didattico basato sul “fare” e sulla sperimentazione pratica, oltre che sulla risoluzione di problemi concreti spesso di natura interdisciplinare;
  • le Flipped Classroom, che consistono nell’invertire la tradizionale sequenza di lezione e compiti a casa, fornendo ai ragazzi video lezioni o materiale multimediale per lo studio autonomo. In classe si organizzano attività di gruppo, laboratori e discussioni, che permettono di approfondire gli argomenti e rispondere alle domande.

 
A tutti questi elementi che potremmo inserire nel Manuale della Didattica Innovativa, io vorrei aggiungerne un altro, meno discusso e analizzato e che fa parte del mio personale percorso di ricerca sulla didattica innovativa delle materie STEM: le tecniche e i canali della divulgazione scientifica.
 

Divulgazione e didattica tra innovazione e conservazione

Ho già avuto modo di spiegare in un mio precedente articolo che la didattica è interazione mediata dalla comunicazione. E quindi, alcune tecniche e strategie utilizzate nella comunicazione possono essere molto utili per fare una buona didattica.

La comunicazione e la divulgazione scientifica hanno saputo profondamente rinnovarsi nel tempo. Hanno attraversato secoli di storia, cambiato le forme e i canali comunicativi, cambiato i linguaggi avvicinandosi sempre a nuove generazione, e negli ultimi 10 anni sono approdate sui social network con progetti davvero molto interessanti su tutte le piattaforme, molti dei quali rivolti alla Generazione Z e in alcuni casi creati da ragazzi e ragazze della Gen Z (ne ho parlato qui e qui).

Credo che la divulgazione scientifica abbia saputo sperimentare nuove forme e saper innovare sé stessa molto più di quanto non abbia fatto la didattica. Ci sono delle evidenti ragioni a supporto di questa mia affermazione: la divulgazione scientifica è in ultima analisi un prodotto che, se non piace, non viene venduto; e se non viene venduto, il divulgatore non mangia. La didattica per fortuna non è un prodotto e speriamo che non lo sarà mai. I ragazzi sono obbligati a sedersi sui banchi di scuola almeno fino all’età dell’obbligo scolastico, indipendentemente dalla bravura di un professore, e questo ha probabilmente comportato una minore spinta innovativa per la didattica rispetto alla divulgazione scientifica.

Il discorso appena fatto è però meno vero per le università, dove non vige l’obbligo scolastico e dove c’è una forte competizione tra gli atenei per accaparrarsi gli studenti, competizione che sarà sempre più crescente visto l’enorme calo demografico e il drammatico calo di immatricolati che si registrerà nei prossimi anni e che determinerà, come dicono gli studi, la chiusura di numerosi atenei soprattutto al Sud. Ecco allora che una didattica innovativa e di qualità diventa un elemento chiave non solo per la migliore formazione dei nostri ragazzi, che è di sicuro l’elemento più importante, ma anche per la qualità dell’offerta e per la sopravvivenza di molti atenei.
 

Divulgazione scientifica e didattica STEM a confronto

Nel paragonare le metodologie didattiche dominanti tra le materie STEM e le tecniche utilizzate dalla divulgazione scientifica, possiamo notare notevoli differenze riassunte in questa tabella. Vediamole poi nel dettaglio.

Insegnare la scienza come processo

I ragazzi e le ragazze della Generazione Z andrebbero abituati fin da giovani ai concetti di incertezza e di fallibilità della scienza. Inoltre, andrebbero fatti appassionare alle storie della scienza, fatte di persone in carne e ossa e non solo di scienziati. Per questo una didattica innovativa delle STEM dovrebbe prendere spunto dalla divulgazione scientifica e non concentrarsi solo sui risultati ma raccontare i processi che hanno portato a quei risultati, perché proprio nei processi risiedono l’incertezza, il confronto, il metodo scientifico, i successi ma anche i fallimenti di scienziati, scienziate e progetti di ricerca.

Insegnare che la scienza non è solo quella dei vincitori ma anche quella dei vinti, significa aiutare gli studenti a sapersi rapportarsi con i fallimenti, con i passi falsi, e non solo con i successi. Il contrario di quello che trovano sui social. Per questo sarebbe importante inserire questi elementi nei percorsi didattici, raccontandoli oppure suggerendo delle letture di divulgazione scientifica.

Rendere la scienza umana

La scienza è spesso insegnata come un qualcosa di monolitico; gli scienziati come uomini freddi e tutti d’un pezzo. La divulgazione scientifica si concentra invece sulle storie, sui personaggi (anche donne), sui conflitti, e tutto questo può interessare e appassionare la Generazione Z oltre che avvicinare le ragazze alle STEM. Anche la didattica può e deve farlo, attraverso la lettura delle biografie, l’ascolto di podcast, la visione di spettacoli teatrali di scienza, o tramite progetti di divulgazione scientifica sui social media.

Raccontare la scienza come impresa collettiva

Nell’epoca definita della Big Science, con progetti di ricerca internazionali dai costi esorbitanti, il premio Nobel o il primo firmatario di un articolo sono solo la punta di una piramide che vede la partecipazione di centinaia, a volte migliaia di persone. Spesso la didattica si concentra solo sulla punta e non mostra tutto ciò che c’è dietro, cosa che invece alimenta la divulgazione scientifica: le collaborazioni, i diversi contributi, la cooperazione tra persone e tra diverse discipline. Attraverso questi racconti, i ragazzi della Gen Z possono approcciarsi alla scienza come un’impresa collettiva, imparare a ragionare come un Noi e non soltanto come un Io, e tentare di uscire dall’individualismo e dai meccanismi di competizione prodotti dalla società odierna.

Rompere l’approccio cronologico della didattica

La didattica quasi sempre adotta un approccio cronologico dell’insegnamento, che ruota attorno all’evoluzione della civiltà umana. La divulgazione scientifica, al contrario, spesso parte da grandi temi attuali e li affronta attraverso un viaggio tematico e interdisciplinare nel tempo. I grandi temi contemporanei come i cambiamenti climatici, la produzione di energia pulita, le pandemie, le migrazioni e moltissimi altri, possono essere il punto di partenza di percorsi didattici interdisciplinari, nei quali utilizzare diversi strumenti per fare una buona didattica innovativa.

Usare la forza delle immagini

La divulgazione scientifica agisce per cerchi concentrici: fornisce prima delle immagini e delle informazioni di contesto per far capire l’insieme per poi spingersi piano piano sempre più in profondità. “Per spiegare la fissione nucleare – scrive Piero Angela – posso cominciare col dire che il neutrone è una pallina ma devo anche dire che le cose ‘non stanno proprio così’”. Arrivare quindi a parlare dell’atomo, delle particelle e magari anche del dualismo onda-particella. “La buona divulgazione non pretende di appagare fino in fondo la curiosità, né vuole essere esauriente. Deve sempre lasciare un po’ di appetito”.

La divulgazione scientifica da sempre utilizza la forza delle immagini, delle metafore e delle analogie per formare, sulla lavagna mentale di chi ascolta, una rappresentazione visiva di fenomeni astratti e lontani dalla nostra realtà quotidiana.

A mio modo di vedere, una didattica innovativa rivolta alla Generazione Z dovrebbe agire allo stesso modo: favorire l’avvicinamento dei ragazzi alle materie STEM lavorando per centri concentrici e aiutandoli attraverso la forza delle immagini, per poi spingersi sempre più a fondo, molto più a fondo di quanto non faccia la divulgazione che, a differenza della didattica, non ha l’obiettivo di formare potenziali nuovi scienziati e scienziate.

Sei interessato a corsi di comunicazione scientifica, corsi di didattica innovativa delle STEM, oppure a collaborazioni nel campo della comunicazione della scienza e della disseminazione di progetti di ricerca?  

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