06 Set 2021 Data visualization per il marketing ma non solo. Dai dati un’incredibile opportunità per le aziende.
La data visualization è il processo che permette di dare una rappresentazione grafica a grandi set di dati qualitativi e quantitativi. Essa rende possibile riconoscere ed esporre trend, pattern, anomalie, costanti e variabili di un fenomeno in maniera immediata, con una potenza espressiva ben maggiore rispetto ai contenuti testuali e alle tabelle.
La data visualization è una tecnica particolarmente adatta al nostro cervello, abituato a processare informazioni che, nell’80% dei casi, gli giungono sotto forma di stimolo visivo. Nell’epoca del dato selvaggio, in cui veniamo costantemente inondati da temporali di statistiche approssimative e frettolose, capaci di dimostrare tutto e il contrario di tutto, è importante saper fare chiarezza e rappresentare i dati con rigore.
Il termine visualization può però trarre in inganno, in quanto il riferimento alla “visualizzazione” esplicita in realtà è solo una parte del processo complessivo, quella finale. Per arrivare a rappresentare graficamente un fenomeno è necessario prima:
- raccogliere e selezionare un’ampia quantità di dati validi e rilevanti;
- pulire e rendere confrontabili quei dati tra loro, dal momento che spesso hanno origini differenti;
- elaborarli con le metodologie proprie della statistica descrittiva;
- rappresentarli graficamente in maniera accattivante ma al contempo intuitiva e di immediata comprensione.
Una nuova sfida per i creatori di contenuti
In questo senso, il lavoro dietro le quinte del creatore di contenuti non differisce di molto da ciò che già oggi fa un editor incaricato di realizzare – per esempio – un articolo di approfondimento su un determinato argomento. Continuano infatti a valere le regole della buona content creation: il fondamentale lavoro di ricerca, studio e preparazione a monte; la progettazione del contenuto, la sua scrittura disordinata e divergente “per blocchi” prima del lavoro di raffinamento e impostazione; la convergenza su un contenuto che rispetti il principio delle 4 C (Clear, Concise, Compelling, Credible).
Evolvono invece le competenze richieste. Potremmo dire che si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma: l’uso di Word viene affiancato da quello di Excel, la ricerca della figura retorica concorre con quella della formula matematica più adatta, il proof reading si estende anche a qualche linea di codice in R. Insomma, servono editor un po’ meno umanisti e con una maggior dimestichezza con i numeri.
I bisogni delle aziende
Proprio in questi ultimi mesi abbiamo avuto modo di mappare i fabbisogni di diverse aziende del Veneto, interessate a costruire percorsi formativi e consulenziali incentrati sul mondo dei dati. Con la supervisione scientifica di Giorgio Sestili e in collaborazione con due organizzazioni formative di ampissima esperienza, l’Ente di Formazione Job Centre srl di Padova e Dataninja School, abbiamo condotto una serie di colloqui con i referenti delle diverse funzioni aziendali e costruito percorsi ad hoc per realtà afferenti ai settori più diversi: dal tessile all’alimentare, dalle rinnovabili all’automotive, passando ovviamente per le società di servizi.
La mappatura dei fabbisogni ha evidenziato una sostanziale omogeneità di condizioni nelle aziende. L’Italia, da sempre afflitta da un gap di competenze di tipo logico-matematiche, prevede ancora poche opportunità per formarsi come data scientist all’università o sul posto di lavoro. Competenze di tipo statistico rimangono spesso confinate agli uffici finanza e controllo di gestione, oppure marketing digitale, senza una reale diffusione trasversale della cultura del dato in tutta l’azienda e con poche occasioni di interscambio di dati commerciali, di marketing, di prodotto e finanziari tra reparti.
La buona notizia è che il vento sta cambiando. Abbiamo registrato un enorme interesse per la tematica e un entusiasmo inatteso davanti alla prospettiva di tornare sui banchi per studiare formule avanzate di Excel, Google Data Studio, Power BI, Tableau e altri applicativi fino ad oggi sconosciuti. Ma oltre agli strumenti dell’operatività, ciò che è emerso con più forza è la voglia di ripensare molti dei processi interni per capire come rendere i dati un vero e proprio asset dell’impresa e come farli fruttare per prendere decisioni migliori.
Se anche tu che stai leggendo questo articolo pensi che alla tua organizzazione farebbe bene sviluppare una maggiore cultura del dato, ti lasciamo con un’ultima informazione: la correlazione tra la diffusione delle competenze di data literacy nei dipendenti di un’impresa e le sue performance finanziarie è già stata ampiamente provata (1, 2, 3).
Autore
Ingegnere di formazione, marketer per scelta. Lavoro a cavallo tra Università e mondo delle imprese, occupandomi di trasferimento tecnologico, innovazione e sviluppo imprenditoriale. Amo scrivere e nei piani di marketing porto il mio approccio editoriale e divulgativo.
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